Le ricerche e gli studi







L'olio di palma e l'olio di semi di palma (detto anche olio di palmisto) sono olii vegetali saturi ricavati dalle palme da olio, principalmente Elaeis guineensis produttrici di frutti la cui polpa è ricca di grassi.
Tale pianta è ritenuta originaria di una vasta zona dell'Africa tra il Gambia e l'Angola di fronte al vasto Golfo di Guinea. Oggi è diffusa e coltivata in vaste zone tropicali anche del continente americano e soprattutto del Sud-est asiatico.


Palmitico (44%) – Stearico (4.6 %) – Miristico (1 %) – Oleico (38 %) – Linolenico (11%)
Nell'olio di palma abbonda in particolare l'acido palmitico, a cui diversi studi, e gli stessi rapporti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, attribuiscono un effetto aterogeno ed ipercolesterolemizzante, che aumenta il rischio cardiovascolare.
L'olio di palma, grazie all'ottimo gusto ed al basso costo di produzione, viene ampiamente utilizzato nell'industria dolciaria.

N.B. L'olio di palma rosso (grezzo) è considerato più sano dell'olio di palma raffinato (incolore), per via delle molte sostanze benefiche che contiene:
  • Beta-carotene (in quantità maggiore che nell'olio di palma raffinato)
  • Co-enzima Q10
  • Vitamina A 
  • Vitamina E
ma meno utilizzato per l’odore, il sapore ed il colore che lo rendono meno appetibile.



Il consumo occasionale di olio di palma non rappresenta un problema particolare per la salute delle persone. Le cose cambiano quando viene assunto ogni giorno, più volte al giorno sotto varie forme. Cioè dipende da quanto ne consumiamo. I più danneggiati sarebbero cuore ed arterie (come ogni volta che si esagera con il consumo di grassi). D’altra parte, trattandosi di un grasso saturo, va considerato esattamente come tutti gli altri grassi saturi: pensiamo per esempio al burro o allo strutto.
“Che queste sostanze vadano consumate in modo limitato nella nostra alimentazione, perché altrimenti fanno ammalare le nostre arterie, è risaputo” spiega Laura Rossi, ricercatrice presso il Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione di Roma e delegata italiana per il Consiglio Fao, “ma l’olio di palma non dovrebbe essere demonizzato in quanto tale”. La ricercatrice continua: quello che però è sbagliato è sostenere che altri grassi, come il burro, non facciano male mentre l’olio di palma sì: “Ciò che è correlato a un aumento del rischio cardiovascolare non è in questo caso la fonte, ma l’eccesso di grassi saturi, che andrebbero invece tenuti sotto controllo”.

In sintesi: non possiamo continuare a pensare che la merendina industriale (fatta con l’olio di palma) sia per forza cattiva, mentre la crostata fatta in casa dalla mamma (col burro) sia per forza buona. Perché, di fatto, sono sia buone quanto cattive entrambe, e con nessuna delle due si dovrebbe eccedere nelle quantità.


Il grande uso dell'olio di palma nell'industria alimentare commerciale si spiega col suo basso costo, che lo rende uno degli olii vegetali o alimentari più economici sul mercato.
In generale, va sottolineato che contro l’olio di palma non si registrano, ad oggi, posizioni ufficiali da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dell’Autorità Europea per la sicurezza alimentare, del Ministero della Salute, né dell’Istituto Superiore di Sanità che sono gli organi preposti a vigilare sulla nostra salute.

N.B. Con l'entrata in vigore del Reg.Ue 1169/2011, dal 2015 è obbligatorio indicare, nelle etichette dei prodotti alimentari prodotti nella Comunità Europea, l'origine vegetale specifica di olii e grassi e di conseguenza dichiarare l'utilizzo anche dell'olio di palma. Importante quindi LEGGERE LE ETICHETTE.

Effetti sulla colesterolemia
  1. Il CSPI (Center for Science in the Public Interest) afferma che l'olio di palma aumenta i fattori di rischio cardiovascolare. Da molti anni, è stato accertato che i principali acidi grassi che alzano il livello di colesterolo, aumentando i rischi di coronaropatia, sono gli acidi grassi saturi quali acido miristico e acido palmitico. 
  2. Ricerche statunitensi ed europee confermano lo studio dell'OMS. In particolare, l'associazione no-profit americana American Heart Association elenca l'olio di palma fra i grassi saturi dei quali consiglia di limitare l'uso a coloro che devono ridurre il livello di colesterolo.
  3. Nel 2013 Fattore e Fanelli dell'Istituto Mario Negri pubblicano una rassegna sulla letteratura scientifica. Evidenziano come ci siano pochi studi che analizzino gli effetti negativi dell'olio in sé e che principalmente gli effetti negativi delineati dagli studi esistenti riguardino il relativamente alto livello di acidi grassi saturi presenti nell'olio, in particolare l'acido palmitico, che sono stati correlati all'aumento di problematiche coronariche e all'insorgenza di alcuni tumori.
Per quanto riguarda la possibile insorgenza di tumori a causa dell'assunzione di olio di palma, gli studi sono scarsi e non vi sono prove convincenti.

Possibili effetti sul diabete

Uno studio, condotto da Francesco Giorgino e dal suo gruppo dell'Università di Bari, con la collaborazione delle Università di Pisa e di Padova, ha valutato gli effetti dell’acido palmitico sulla proteina «p66shc», ritenendola il principale responsabile della morte delle cellule che producono l’insulina, causando così il diabete alimentare.

La coltivazione delle palme da olio, che si concentra nel Sud-Est asiatico ha comportato e comporta tutt’oggi un massiccio abbattimento delle foreste tropicali per far spazio alle nuove piantagioni. Le conseguenze si misurano in termini di biodiversità (connessi alla distruzione dell’habitat di numerose specie), ma anche di ripercussioni come l’impennata di gas serra nell’atmosfera e lo stravolgimento dell’assetto idrogeologico del territorio.





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