domenica 5 luglio 2015

L'olio di Palma tra storie e realtà









All’Expo, all’interno della conferenza “Sicurezza degli alimenti, certezza della salute” c’era una sessione dedicata all’olio di palma che secondo l’esperto dell’ordine dei biologi italiani “contiene grassi saturi che presi nella giusta percentuale forniscono apporto energetico al nostro corpo, mantengono costante la temperatura corporea e danno il giusto equilibrio alle cellule. E poi, come tutti gli oli vegetali, quello di palma è privo di colesterolo e viene utilizzato dai vegani, riconosciuti per la loro dieta salutare. Fino ad adesso nessun organo preposto alla vigilanza sanitaria italiano e europeo, come il Ministero della Salute, l’Istituto Superiore di Sanità e l’EFSA ha preso ufficialmente posizioni contro l’olio di palma”.


Dal punto di vista sociale il discorso sull'impatto dell'olio di palma è molto complesso, dal momento che la diffusione delle coltivazioni ha prodotto sia effetti positivi che negativi. Il punto in questione è quello del cosiddetto "land grabbing", ossia l'appropriazione di terre da parte delle aziende per la coltivazione delle palme da olio. Il problema è particolarmente sentito in paesi come l'Indonesia e la Malesia, che insieme garantiscono circa il 90% della produzione globale di olio di palma.


Inoltre, secondo un report del 2008, in Indonesia alcuni produttori di olio di palma avrebbero ottenuto dei terreni con la violenza, o grazie a promesse (poi non mantenute) di nuovi posti di lavoro e sviluppo del territorio. Sempre in Indonesia, alcune piantagioni sfruttano il lavoro di immigrati senza documenti, il che ha fatto nascere motivati sospetti di sfruttamento.
Le coltivazioni di palma da olio forniscono però possibilità lavorative in luoghi dove queste sono tradizionalmente scarse, e secondo svariati report lo sviluppo di questa attività porta con sé un miglioramento delle infrastrutture e dei servizi sociali, insieme ad una riduzione della povertà. Esistono addirittura progetti portati avanti dalla FAO, come quello nel Kenya occidentale, che promuovono la coltivazione delle palme da olio come mezzo per ridurre la povertà, migliorando al contempo le abitudini alimentari delle popolazioni locali.
L'attività di RSPO non è sufficiente a risolvere in toto i problemi, ma permette di identificare le coltivazioni "virtuose", e conseguentemente le aziende che si servono da questi produttori. E di queste, con buona pace di Segolene Royal e della sua crociata anti-Nutella, fa parte anche la Ferrero. 

La Ferrero è in effetti una delle aziende più avanzate tra quelle che vendono prodotti direttamente ai consumatori in merito all'olio di palma", scrivono da Greenpeace. "In risposta alle richieste dei propri clienti, Ferrero è stata una delle prime aziende ad annunciare una politica per porre termine all'utilizzo di olio di palma derivante dalla deforestazione. Inoltre, è stata anche una delle prime società a supportare il Palm Oil Innovation Group, un'associazione di produttori, aziende e ONG impegnate a proteggere le foreste, i terreni torbosi e la fauna, così come a prevenire lo sfruttamento di lavoratori e comunità locali. Infine Ferrero, a differenza di altri, è trasparente e responsabile in merito ai progressi compiuti nel tenere fede a questi impegni".
Di conseguenza, non solo non ha senso indicare l'azienda piemontese come una delle responsabili di deforestazione e di eventuali problemi sociali derivanti dalla coltivazione delle palme da olio, ma invitare a boicottare i suoi prodotti significa provare a danneggiare una delle aziende che hanno deciso di occuparsi del problema per ridurre il proprio impatto sul pianeta.
Gli esperimenti hanno effettivamente evidenziato un danno prodotto alle cellule dal palmitato, ma trattandosi di uno studio sperimentale fatto in vitro si può al massimo parlare di un primo passo in direzione di nuovi studi che possano chiarire meglio rischi specifici derivanti dall'olio di palma, e non certo un risultato conclusivo su un'eventuale correlazione tra assunzione di olio di palma e insorgere del diabete.



Per quanto riguarda i problemi sociali ed ambientali, questi esistono e non possono né devono essere ignorati. Allo stesso modo, non devono però essere trascurati né i vantaggi derivanti dalle coltivazioni di olio di palma per le popolazioni locali, né l'impegno di quelle aziende "virtuose" che hanno cercato, anche proattivamente, di migliorare la situazione o quantomeno di non aggravarla.
Se prendiamo in considerazione l'aspetto della salute, non c'è nulla che al momento faccia sospettare l'esistenza di rischi specifici per l'olio di palma. I problemi derivano da un uso eccessivo, esattamente come capita per altri tipi di grassi saturi: di conseguenza, come qualsiasi nutrizionista vi consiglierebbe, il "segreto" è la moderazione. Oggi come oggi, nulla fa supporre che ingerire grandi quantità di olio di palma sia più dannoso che fare lo stesso col burro.
Alla luce di quanto detto, facciamo qui un approfondimento su tale dato, cerchiamo di andare nel dettaglio sull’Olio ottenuto per estrazione dal seme di Palma e cerchiamo di dare voce a l’unica fonte davvero attendibile e cioè i dati scientifici che al momento stanno valutando la situazione e che non si sono espressi in maniera definitiva sull’argomento. Il Dossier sarà aggiornato periodicamente dando voce anche a coloro che hanno pareri discordanti sulle notizie negative gettate sull’olio vegetale tanto discusso.



Agroalimenti e Dintorni vi augura Buona Lettura….